I gruppi di incontro

Ho già parlato altrove in questo blog di psicoterapia e counseling. Vorrei ora presentare, come aggiunta o alternativa al percorso individuale, i gruppi di incontro, che ritengo uno strumento efficace e particolarmente adatto a determinati gruppi (ad es.: expats, genitori, donne).

I gruppi di incontro, ideati inizialmente da Carl Rogers negli anni ’50, si diffusero con grande velocità e divennero molto popolari negli Stati Uniti a partire dagli anni ’60 e ’70. Al contrario dei gruppi di psicoterapia tradizionali, dedicati alla cura di una patologia e condotti da uno psicoterapeuta o psichiatra con un ruolo di guida, i gruppi di incontro sono più flessibili, aspirano infatti ad essere un’occasione di “incontro autentico” tra le persone, cioè un incontro libero e minimamente strutturato, dove ognuno, col tempo, riesce ad esprimersi in modo più aperto e profondo.

Il fine del gruppo di incontro non quindi è la cura di un disturbo, ma lo sviluppo delle capacità comunicative dell’individuo e il miglioramento dei suoi rapporti interpersonali. Nel far ciò, il gruppo porta ad un superamento del senso di solitudine ed alienazione e promuove l’inizio di un processo di cambiamento e attualizzazione del se’, cioè lo sviluppo della propria natura più autentica in tutta la sua potenzialità.

Nei gruppi di incontro lo psicoterapeuta ha un ruolo non-direttivo di facilitatore delle dinamiche del gruppo. Non fornisce quindi indicazioni o soluzioni al gruppo, ma favorisce la comunicazione tra i membri e chiarisce, quando necessario, il significato delle condivisioni. Soprattutto il compito del facilitatore è quello di mantenere il clima non-giudicante proprio della natura del gruppo, che rappresenta un luogo sicuro dove ognuno può sentirsi accettato, tanto da avere la possibilità di esprimersi liberamente ed avviare un processo di apertura e cambiamento.

I gruppi di incontro possono essere liberi, cioè composti da membri eterogenei tra loro che decidono di volta in volta di cosa parlare, o tematici, cioè concentrati su un argomento o una caratteristica comune a tutti i partecipanti (ad es., la maternità, la condizione di expatriate, il lutto, ecc.). I gruppi di incontro si articolano in genere in incontri settimanali di 90 minuti. I partecipanti sono chiamati al rispetto di tre sole regole: il rispetto dei tempi di inizio e fine del gruppo, per cui se un argomento rimane in sospeso viene ripreso all’incontro successivo, il divieto di acting-out, secondo cui le emozioni negative hanno posto nel gruppo, ma non possono essere espresse fisicamente, ed infine la confidenzialità, ovvero l’impegno a mantenere il riserbo su quanto discusso nel gruppo.

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