La condizione di genitore è una caratteristica determinante della nostra identità. Se da una parte diventare genitori è un evento deflagrante nella vita di un individuo, ben presto subentra la consapevolezza che si tratta dell’ingresso in una nuova fase della vita, che cambia in modo permanente sia il quotidiano che il senso di sé. Questo è vero a prescindere dal fatto che la genitorialità sia stata pianificata o accidentale, intrapresa con gioia o con paura, o più probabilmente con un misto delle due.
Non è affatto inconsueto che questa consapevolezza determini sentimenti ambivalenti o di rifiuto. Il senso di colpa che li accompagna è spesso un ulteriore peso per molti genitori, che tendono a nascondere le proprie difficoltà per vergogna, per paura del giudizio del partner, della famiglia o della società.
L’ideale della “brava mamma” o “bravo papà” è, a mio parere, una delle grandi mistificazioni dei nostri giorni. E la pressione che comporta sta rendendo sempre più difficile un lavoro di per sé complesso. Al momento della nascita di un figlio, insieme alla gioia, la confusione, i piani e i propositi, quanti di noi hanno desiderato che quel neonato fosse accompagnato da un libretto di istruzioni? Siamo invece chiamati a fare il lavoro più complesso, senza avere la preparazione o l’esperienza che ci hanno abituato a considerare indispensabili per lavori di gran lunga più banali. La quantità già vasta ma pur sempre crescente di manuali, articoli, corsi, per non parlare degli innumerevoli consigli che riceviamo da familiari, e praticamente chiunque altro, non aiuta.
Ci si trova così a combattere un senso di inadeguatezza se non si riesce a bilanciare famiglia e lavoro, se i figli non vanno bene a scuola, se non sono iscritti ad almeno un paio di attività extra-scolastiche, se sono sovrappeso, se non mangiano abbastanza, se non hanno amici, hanno gli amici sbagliati, giocano troppo ai videogiochi, non sono felici. Quel senso di inadeguatezza intacca la fiducia in sé e nelle proprie capacità di genitore, e finisce con condizionare il rapporto con i figli e con il partner.
La condivisione del ruolo genitoriale con il partner può essere un aiuto come una difficoltà ulteriore, nel caso lo stile genitoriale dei partner differisca profondamente o le dinamiche della coppia entrino in collisione con quelle genitoriali. Dalla confusione che caratterizza i primi tempi alla ricerca di un nuovo equilibrio in seguito all’arrivo di un secondo o terzo figlio, dall’ingresso di un figlio nell’adolescenza al distacco di un figlio ormai grande, fino ai problemi dei figli interpretati come un fallimento proprio o della famiglia, sono moltissimi gli scenari in cui l’essere genitori può rivelarsi particolarmente faticoso o destabilizzante. Il ruolo di madre o di padre può diventare così fonte di ansia, inadeguatezza, rifiuto. Questo non deve necessariamente portare alla rinuncia al considerarsi una “brava mamma” o un “bravo papà”. Molto si può fare per lavorare su quei vissuti e arrivare ad una riappropriazione del ruolo genitoriale in un approccio più sereno.